Strage di cooperanti, Netanyahu non vuole testimoni scomodi
02.04.2024
Uccisi sette operatori umanitari nella Striscia di Gaza. «C’era da aspettarselo», scrive Nino Sergi, presidente emerito dell’ong Intersos. «Gli operatori internazionali, molti anche italiani, sono pressoché tutti usciti dalla Striscia. Sono stati obbligati a farlo perché, come i giornalisti, erano diventati testimoni indesiderati e quindi quotidianamente sotto tiro di spari “non voluti”, effetti collaterali della guerra, come le migliaia di bambini e di donne uccise senza pietà, anzi, con orgoglio»
di NINO SERGI
Gaza, uccisi sette operatori umanitari. C’era da aspettarselo. Gli operatori internazionali presenti da anni a Gaza, molti anche italiani, sono pressoché tutti usciti dalla Striscia. Sono stati obbligati a farlo perché, come i giornalisti, erano diventati testimoni indesiderati e quindi quotidianamente sotto tiro di spari “non voluti”, effetti collaterali della guerra, come le migliaia di bambini e di donne uccise senza pietà, anzi, con orgoglio. “È stato un tragico caso in cui le nostre forze hanno colpito senza intenzione gente innocente nella Striscia”, ha detto il premier israeliano Benyamin Netanyahu, “questo succede in guerra”. Avrebbe dovuto dire “Questo succede nella mia guerra”.
L’Occidente assiste ad un declino democratico preoccupante, con sistemi volti perlopiù alla tutela dei propri interessi e privilegi quasi incuranti di quelli degli altri. Assiste a questo declino affermando che va bene così. Siamo i migliori, si dice. La guerra non la facciamo tra di noi, la facciamo solo contro Paesi non liberali, anche senza l’autorizzazione dall’unica istituzione deputata a farlo e senza più rispettare il diritto umanitario internazionale che ci siamo comunemente dati. Chi manifesta qualche dubbio è tacciato di antioccidentalismo.
Il Governo dello Stato d’Israele, democratico certo ma anche troppo autocentrato, non può permettersi di ignorare per decenni le decisioni delle Nazioni Unite sull’illegalità delle occupazioni dei territori e delle proprietà palestinesi (contribuendo così, con il silenzio dei paesi alleati, al degrado della massima istituzione multilaterale) e non può permettersi di decidere – da solo e con la massima veemenza vendicativa – come distruggere un intero paese, Gaza, i suoi ospedali, le sue scuole, le sue abitazioni, le sue infrastrutture, le sue vite, con più di 30 mila morti, perlopiù bambini (bambini!!), donne, anziani; con almeno il doppio di feriti, invalidi, traumatizzati; con due milioni di senzatetto, sfollati senza meta sicura, senza riparo, cibo, acqua potabile, sotto la continua minaccia di essere nuovamente colpiti da bombardamenti o spari di mitragliatrici.
Indubbiamente, le criminali efferatezze del 7 ottobre 2023, con le uccisioni, le brutalità, la presa di ostaggi innocenti, esigevano non solo una condanna ma anche una punizione dei leader di Hamas e del Jihad islamico. Ma una democrazia occidentale non può permettersi di procedere superando le brutalità che intende vendicare, commettendo quotidianamente crimini di guerra e contro l’umanità. Crimini che hanno man mano perfino fatto oscurare la piena e convinta solidarietà acquisita dopo l’eccidio del 7 ottobre. Ma forse al premier Netanyahu questo non interessa, preoccupato com’è che la guerra possa finire (apre perfino il fronte siriano/iraniano col bombardamento del consolato iraniano a Damasco), perché significherebbe la sua fine, con l’avvio dei processi contro di lui e forse il suo arresto per corruzione, frode e abuso di potere.
Impedire l’azione umanitaria dell’Unrwa, incolpando di terrorismo una decina di suoi funzionari sui trentamila di cui è composta l’Agenzia, significa annullare conoscenze e capacità di azione per portare aiuto a tutta la popolazione bisognosa; conoscenze e capacità che non si improvvisano paracadutando casse di viveri o facendo passare pochi camion di aiuti, regolarmente assaltati da persone affamate e per questo perfino uccise, o prevedendo tra qualche mese uno speciale attracco di navi, mentre i valichi rimangono chiusi ai tanti camion pronti a portare aiuti quotidianamente e regolarmente.
Impedire la libertà di informazione – perfino colpendo a morte giornalisti – per far passare solo quella deformata e menzognera (come sempre avviene) dell’ufficialità militare, è un altro passo verso il degrado di quella democrazia che un po’ troppo frettolosamente si continua a lodare, chiudendo entrambi gli occhi.
L’obiettivo di “cancellare Hamas” si è presto trasformato in cinica vendetta e in tentativo di risolvere la questione territoriale di Gaza con la forza delle armi, in modo unilaterale, con l’annichilamento spietato di 2 milioni di persone e la distruzione brutale di tutto il territorio. Entrambi, il governo israeliano come Hamas, stanno commettendo gravi crimini in violazione del diritto internazionale umanitario. Chiudere gli occhi, tacendo o continuando a trovare giustificazioni di fronte ad una realtà che da 177 giorni fa orrore non aiuta a rafforzare le nostre democrazie. Anche nella guerra ci sono regole da rispettare, soprattutto a tutela delle popolazioni civili. E ritardare l’indispensabile cessate il fuoco da un lato e la liberazione degli ostaggi civili dall’altro sono ulteriori crimini di cui un giorno si dovrà rendere conto.
Nino Sergi, presidente emerito dell’organizzazione umanitaria Intersos e policy advisor di Link 2007