Dal transnazionalismo degli immigrati alla cooperazione internazionale tra territori

12/12/2015

Da anni si è fatta strada l’idea che gli stessi immigrati possano rappresentare un importante fattore di sviluppo per i loro paesi di origine. Con le rimesse e con altri aiuti alle famiglie rimaste in patria alleviano la povertà; migliorano l’educazione e la salute; avviano attività che accrescono i commerci locali e l’occupazione; con le conoscenze e competenze acquisite stimolano l’innovazione e rafforzano la presa di coscienza dei diritti umani e sociali; contribuiscono al superamento delle vulnerabilità e ad una maggiore resilienza di fronte alle crisi economiche e ambientali. In questo senso gli immigrati sono veri attori di sviluppo. Pur essendoci interessanti esempi di dinamismo transnazionale di alcune comunità immigrate, non è invece ancora sufficientemente approfondito il ruolo che gli immigrati possono avere nelle politiche e nei programmi di cooperazione allo sviluppo dei paesi in cui risiedono, come l’Italia, da realizzarsi con i paesi di origine.
LINK 2007, presentando il documento “Il Transnazionalismo degli immigrati PER FAVORIRE LA COOPERAIONE INTERNAZIONALE TRA TERRITORI” al Workshop promosso a Roma dal Comitato Interministeriale per i Diritti Umani, l’11 dicembre 2015, lancia una proposta che valorizza le diaspore organizzate integrate nelle nostre realtà territoriali.
È il transnazionalismo degli immigrati che deve essere valorizzato, sostiene LINK 2007, la loro capacità di essere, di vivere e di sentirsi radicati qui e lì, concependo la globalizzazione innanzitutto come multilocalismo, con l’arricchente assunzione di identità plurime. Partendo da questa dimensione transnazionale e dal protagonismo dimostrato da alcune comunità immigrate nell’avvio di partenariati transnazionali, possono essere individuati percorsi di co-sviluppo aperti all’intera dimensione territoriale nelle due realtà transnazionali, quelle italiana e quella della regione di provenienza, coinvolgendo ogni attore potenzialmente interessato. Se in una regione è fortemente presente e radicata, per esempio, una comunità marocchina (o senegalese o egiziana o ecuadoriana …) che negli anni ha mantenuto rapporti con la regione di origine, un’ampia cooperazione tra le due regioni, qui e lì, non è solo possibile ma è anche una reciproca opportunità, da non sottovalutare. Il transnazionalismo degli immigrati può e deve diventare l’occasione per un transnazionalismo dei territori capace di costruire relazioni di partenariato negli ambiti di reciproco interesse: sociale, culturale, economico, commerciale, istituzionale.
Non solo quindi tra immigrati residenti e comunità di origine, ma anche tra organizzazioni dei due territori, tra università e università, cooperative e cooperative, tra associazioni di impresa e tra imprese, tra istituti di credito, tra realtà sociali, sindacali, culturali, professionali e così via, per un co-sviluppo vero, duraturo, a reciproco beneficio, alla cui base ci siano i principi e l’etica della cooperazione, del partenariato, dei diritti umani, della giustizia, insieme ai reciproci legittimi interessi e vantaggi, anche a garanzia della continuità del rapporto di partenariato.