Italia-Africa, Ridolfi «promuove» il Piano Mattei: «È un buon inizio, ma per andare avanti servono anche le ong»

31.01.2024

«La buona notizia, dal mio punto di vista, è che tanto per cominciare un Piano Mattei c’è. E non era scontato. La seconda è che questo Piano e questo Summit hanno creato una aspettativa altissima, e non solo da parte dei Paesi africani: neppure questo era scontato, visti i precedenti. Dopodiché, certo: il Piano Mattei rappresenta una cornice ed è solo l’inizio, il contenuto è tutto da scrivere. E dovrà coinvolgere non solo la società civile , perché se vuoi fare qualcosa di giusto in Africa devi conoscerla e nessuno in Italia la conosce come i nostri 40mila cooperanti; ma devono entrarci anche le piccole e medie imprese, finora le vere assenti, perché sono loro la nostra forza economica reale, e non solo i colossi come Eni o Enel». Tanto è composito e ricco di molteplici esperienze il Terzo settore italiano – come da sempre si sa – quanto molteplici sono le sue voci. E così sul Piano Mattei e sul relativo summit Italia-Africa questo è il commento di Roberto Ridolfi, già ambasciatore dell’Unione Europea in Uganda – tra le altre cose – e oggi presidente di Link 2007: network di coordinamento che attualmente raggruppa sedici tra le ong italiane più importanti, da Amref a Cesvi, da Intersos a Medici con l’Africa Cuamm. E il suo giudizio riguardo al Summit di Roma, nonostante le riserve espresse da più parti sia sui salvadanai da cui prendere i 5,5 miliardi messi in campo sia sul finora scarso coinvolgimento del Terzo settore nel dibattito, è un giudizio tutt’altro che negativo.

«Beh, una premessa la devo fare – dice – e consiste nel ricordare che la radice del Piano Mattei risale al 2017 ed è quella che avevo scritto io per l’Unione Europea, anche se ha un altro nome: quindi sono almeno un po’ parte in causa. Oggi una novità importante è che questa nasce come una operazione della Presidenza del Consiglio, non di un Ministero. Il che rappresenta di per sé un impegno forte. Detto questo è chiaro che, dal mio punto di vista, se vuoi coinvolgere i leader dei Paesi africani gli devi parlare per prima cosa di business, investimenti, posti di lavoro. Ed è con i posti di lavoro che si costruisce quello che papa Francesco ha chiamato con grande efficacia il “diritto di non migrare”. Poi si tratta di trasformare gli investimenti in azioni sul territorio. E su questo il coinvolgimento della società civile, ripeto, non è solo opportuno: è indispensabile, necessario». Esempi? «Basta dire che molti Governi locali si fidano più delle ong, in molti casi italiane, che non di interlocutori istituzionali. Anche solo tra gli aderenti a Link 2007 potrei citare Medici con l’Africa Cuamm, a cui l’Uganda ha affidato la gestione di due ospedali pubblici. Un terzo lo ha affidato a Fondazione Corti».

Ridolfi prosegue: «Tre sono i pilastri su cui vanno costruite le prossime tappe del Piano. Il primo sono le garanzie delle banche si sviluppo, perché gli investimenti servono e anche su questo punto bisogna essere chiari: 5 miliardi e mezzo per un continente come l’Africa sono pochi, pochissimi. Ma se le aziende, con i loro progetti, sapranno usarli come leva potranno moltiplicarli di molto, attirando investimenti e finanziamenti ulteriori soprattutto a livello europeo».

E ancora: «Il secondo pilastro è la società civile. Perché solo chi opera sul territorio lo conosce. E noi come cooperanti, italiani e africani insieme, lo conosciamo meglio di chiunque. Il terzo pilastro si chiama dialogo. Non di superficie, ma strutturato e profondo. Il Piano, come ho detto, è ancora tutto da scrivere nei suoi contenuti. E la parola chiave è che va fatto “con” l’Africa, non “per”. Le idee e le proposte devono venire soprattutto dai Paesi. Con un elemento guida che, anche questo l’ho già detto ma lo ripeto, deve essere la creazione di posti di lavoro: non lavoro purché sia, ma lavoro decente e sostenibile. Cioè pagato il giusto e capace di stare in piedi. È stato fatto un primo passo, ora si tratta di continuare».

L’intervista è stata pubblicata sul Corriere Buone Notizie QUI