Attaccare le ONG per attaccare i salvataggi in mare

13/04/2017

Da qualche mese è andato crescendo, su più fronti, un attacco alle Ong impegnate nel Mediterraneo centrale in operazioni di salvataggio di persone in grave pericolo di affondamento. I cinquemila morti nei naufragi all’anno stanno diventando una normalità, così come l’assuefazione a queste tragedie. Ma c’è chi nella società, nella politica e nei media non accetta questo tipo di “normalità”: sono molti, anche se il loro rumore è meno forte di quello sguaiato e grossolano di tanti che, senza avere alcun progetto realizzabile e soprattutto senza alcuna visone e strategia politica, riesce ad esprimere solo il rifiuto di guardare la realtà e di affrontarla salvaguardando i valori cristiani e illuministici, di giustizia, solidarietà, umanità che sono alla base della nostra convivenza. In particolare, alcune Ong hanno voluto esserci, di fronte al ritiro delle istituzioni e alle scelte securitarie e di corto respiro dell’Unione europea e dei suoi Stati membri. Sono Ong italiane, tedesche e spagnole che hanno messo in mare una dozzina di navi alla ricerca, talvolta disperata, di bambini, donne e uomini in balia delle onde. E’ un’azione che sta dando fastidio a chi, pur di limitare gli arrivi, è disposto a chiudere gli occhi sulle morti e, in definitiva, sul destino della nostra civiltà e dei suoi valori; a chi vorrebbe le Ong totalmente subalterne a scelte politiche disumane e embedded nel loro agire. Ecco perché l’attacco viene soprattutto da istituzioni, da partiti politici e da media sempre pronti a cavalcare la sensazione senza mai procedere alle necessarie verifiche. Ma vediamo di riprendere le tappe principali di questi ultimi mesi.

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