Viaggio nel partenariato Italia-Senegal

Al via la seconda edizione del premio Paolo Dieci istituito da link 2007 – cooperazione in rete, associazione Le Réseau e comitato Internazionale per lo sviluppo dei popoli – Cisp, che ha l’obiettivo di riconoscere e valorizzare i percorsi di partenariato più significativi nella cooperazione internazionale allo sviluppo tra le organizzazioni non governative, le organizzazioni delle diaspore e delle nuove Generazioni con background migratorio. La testimonianza di Abdou Diouf

di ABDOU M. DIOUF*

06/10/2023

Il Premio Paolo Dieci, giunto alla sua seconda edizione, nasce per ricordare Paolo Dieci, tragicamente scomparso in un incidente aereo il 10 marzo 2019, insieme ad altri cooperanti di diverse nazionalità, nei cieli dell’Etiopia.

Paolo Dieci, figura di spicco come presidente del Comitato Internazionale per lo sviluppo dei popoli – Cisp e di Link 2007 – cooperazione in rete, nonché membro del Consiglio Nazionale della Cooperazione allo Sviluppo, è stato un instancabile promotore della cooperazione internazionale per lo sviluppo.

Paolo Dieci, un premio per chi sa lavorare in squadra

Il premio istituito da Link 2007, Associazione Le Réseau e Cisp mira a riconoscere e valorizzare i percorsi di partenariato più significativi nella cooperazione internazionale allo sviluppo tra le Ong, le Organizzazioni delle Diaspore e delle Nuove Generazioni con background migratorio.

Questa seconda edizione si focalizza su una serie di tematiche, tra cui l’importanza del partenariato, il ruolo delle diaspore come attori centrali nel panorama della cooperazione internazionale, il nesso migrazione e sviluppo e l’importanza della comunicazione e dell’informazione. Le candidature per la seconda edizione sono aperte fino al 5 novembre 2023 e il percorso culminerà nella cerimonia di premiazione finale programmata per il 30 novembre2023.  Tutte le informazioni per partecipare sono disponibili sul sito del premio.

Il racconto di Abdou Diouf: il mio viaggio nel partenariato Italia-Senegal

Il premio Paolo Dieci per il partenariato nella cooperazione allo sviluppo tra le Ong, le Organizzazioni delle Diaspore e delle Nuove Generazioni con background migratorio ha un grande significato e una strada da percorrere e sviluppare sempre di più. Sono venuto a conoscenza del Premio grazie all’amicizia di lunga data con Cleophas Dioma, Presidente dell’Associazione Le Réseau nonché una delle organizzazioni promotrici del Premio Paolo Dieci. Con Cleophas abbiamo condiviso molte esperienze negli ultimi anni, soprattutto nel contesto scolastico. Al mio ritorno dal Senegal ho incontrato Cleo e gli ho raccontato del progetto che stavo sviluppando e della collaborazione tra l’Università di Dakar e quella di Firenze. In quella conversazione, abbiamo parlato di alcuni degli ostacoli che spesso affliggono i progetti. È stato in quel momento che Cleophas mi ha raccontato del Premio Paolo Dieci. Ho scelto di sostenere questo premio poiché mi sono reso conto, attraverso la mia esperienza personale, che molti giovani delle nuove generazioni con esperienze migratorie possiedono un’infinità di idee, ma spesso non hanno le informazioni e la conoscenza o anche solo il coraggio per compiere il primo passo nello sviluppare progetti.  Ritengo che il Premio rappresenti un’opportunità straordinaria per questi giovani, offrendo loro la possibilità di valorizzare e incoraggiare partenariati tra le organizzazioni della società civile e le realtà organizzate del mondo dell’immigrazione e delle nuove generazioni al fine di realizzare una cooperazione per lo sviluppo di qualità che sia efficace, sostenibile e di reciproco interesse. In tal senso, il premio offre visibilità e la possibilità di connettersi con altre generazioni della diaspora che condividono gli stessi valori e la passione per l’innovazione, favorendo la creazione di nuovi partenariati.

Avendo vissuto direttamente preziose esperienze di partenariato mi piace ricordarle e raccontarle, com’è mia abitudine fare.  Nello specifico, tutto ha avuto inizio con un’idea di progetto in Senegal, diventata concreta solo a novembre 2022 dopo un incontro con studenti senegalesi di seconda generazione a Pontedera. Oltre a discutere dei miei romanzi, ho con loro affrontato un tema che mi sta particolarmente a cuore: l’istruzione. Tornando da quell’incontro, ho invitato per un caffè a Firenze il mio professore di genetica, Renato Fani, con cui mi ero laureato cinque anni prima, mantenendo poi stretti contatti. Dopo aver ascoltato il mio racconto della serata precedente con gli studenti senegalesi, il professore, che in passato ha avuto esperienze di cooperazione e collaborazione internazionale con diverse università extraeuropee, ha suscitato in me un’antica domanda che gli avevo fatto anni prima durante il mio percorso di tesi: «Facciamo qualcosa con il Senegal?».

Nel 2012, questa domanda rappresentava poco più di un sogno. Sognavo di poter trascorrere qualche mese a studiare in Senegal e di vedere studenti senegalesi venire a studiare nella mia facoltà. Tuttavia, dieci anni dopo, la domanda assumeva una determinazione diversa: «Facciamo qualcosa con il Senegal? Con il Senegal, non per il Senegal». La risposta del professore è stata altrettanto decisa: «Domani stesso contatterò l’ufficio internazionalizzazione dell’Università per verificare l’eventuale presenza di progetti in corso». Come promesso, ha mantenuto la sua parola. Abbiamo scoperto che esisteva già un accordo culturale e scientifico tra l’Università degli Studi di Firenze e un’Università senegalese. Tuttavia, c’erano ancora due sfide da affrontare: la prima consisteva nell’estendere l’accordo esistente al settore della Biologia, mentre la seconda riguardava il reperimento dei fondi necessari per sostenere questi scambi.

Per estendere l’accordo, il primo passo era entrare in contatto con l’università a Dakar. Ma come? La mia formazione universitaria si era svolta interamente in Italia e non avevo mai frequentato un’istituzione accademica senegalese. Mentre riflettevo su possibili contatti, ho ricordato un evento durante il mio ultimo viaggio in Senegal nell’ottobre 2020. Ero stato invitato all’Istituto di Cultura Italiana a Dakar, che opera sotto l’egida del Ministero degli Affari Esteri per promuovere la cultura italiana nel mondo. Ho scritto allora alla direttrice dell’Istituto e ho scoperto che all’Ambasciata Italiana a Dakar c’era una figura dedicata alla diplomazia scientifica: il dottor Eugenio Cavallo. Coordinatore di numerosi gruppi di ricerca e progetti internazionali, è stato il nostro collegamento diretto con Dakar e con i professori dell’Università Cheikh Anta Diop. Grazie a lui, siamo riusciti a firmare rapidamente un accordo e ad estenderlo al settore della Biologia, inclusa la Genetica, la Microbiologia, la Zoologia e la Botanica generale. Il dottor Aboubacry Kane è stato designato come responsabile del progetto a Dakar.

La seconda sfida era ottenere i fondi necessari per realizzare questi scambi. Abbiamo notato l’esistenza di un bando Erasmus Plus 2023 che stava per scadere, e abbiamo fatto in tempo a presentare la nostra candidatura partendo dal progetto di ricerca su cui sta lavorando attualmente la dottoranda Giulia Semenzato.

Durante questo percorso, io e il professore Fani abbiamo capito che quello che stavamo realizzando non poteva essere frutto del caso e che era proprio quello il momento giusto. In wolof si dice “Lu diot yombu” tradotto “Quando arriva il momento giusto per far accadere qualcosa, diventa facile farla accadere.”

Nel nostro dipartimento di Biologia, da anni ci dedichiamo allo studio delle piante medicinali e dei batteri associati, concentrandoci sulla ricerca di nuovi antibiotici naturali. L’uso delle piante medicinali è tradizionale in Africa, ma spesso mancano informazioni sulle sostanze attive presenti in queste piante. Tale collaborazione mira a intensificare gli studi su quest’ultime e a condividere risultati e idee tra i due paesi.

Prima di conoscere l’esito del bando Erasmus, abbiamo deciso di compiere un passo insolito. Nel luglio del 2023 siamo partiti per Dakar per incontrare direttamente i professori e gli studenti. Abbiamo visitato diverse università senegalesi, tra cui l’Università Cheikh Anta Diop, l’Université du Sine Saloum El-Hâdj Ibra hima Niass e l’Université Gaston Berger de Saint Louis. Durante questi incontri, ho guardato con ammirazione i professori e gli studenti. Mentre scambiavamo idee, ho riflettuto su una citazione di Bernard Shaw: “Se tu hai una mela e io ho una mela, e ce le scambiamo, allora tu ed io abbiamo sempre una mela per uno. Ma se tu hai un’idea, ed io ho un’idea, e ce le scambiamo, allora abbiamo entrambi due idee”. Questo progetto è un vero scambio di idee, in cui entrambi contribuiamo e impariamo reciprocamente. Non credo nella cooperazione basata solo su “Facciamo qualcosa per…”, ma preferisco un approccio in cui dica sempre “Facciamo qualcosa con…”. In quel “con” c’è il vero significato della cooperazione, che ci fa sentire parte di qualcosa di più grande.

Al nostro ritorno da Dakar, abbiamo ricevuto la notizia che l’Università degli Studi di Firenze aveva ottenuto il finanziamento per tutti i paesi proposti, un risultato eccezionale che vale circa 850mila euro destinati alla mobilità internazionale di studenti, docenti e personale amministrativo. Questo successo è stato il risultato di tre fattori principali. Innanzitutto, le mie origini senegalesi che hanno alimentato in me il desiderio di contribuire a fare qualcosa con Senegal, nonostante non vi abbia vissuto gran parte della mia vita. In secondo luogo, ho un forte attaccamento all’Italia, il paese in cui ho trascorso tutta la mia vita e che mi ha permesso di studiare e lavorare, e per il quale nutro lo stesso attaccamento che provo per il Senegal. Questa dualità mi ha spinto a cercare un ponte tra questi due mondi. Infine, l’incontro con il mio professore di genetica, che all’inizio del mio percorso universitario è stato fondamentale. Da questi tre fattori sono scaturiti tutti gli incontri successivi che hanno accresciuto il mio sogno di creare un ponte tangibile tra l’Italia e il Senegal, tra Dakar e Firenze, tra l’Università degli Studi di Firenze e l’Université Cheikh Anta Diop di Dakar. Abbiamo creato un collegamento tra studenti italiani e senegalesi, tra culture diverse, mondi diversi e lingue diverse, ma con un comune filo conduttore: la biologia.

Sta partendo la nuova fase del Premio Paolo Dieci per il partenariato. Il mio consiglio alle organizzazioni delle Diaspore e delle Nuove Generazioni è semplice: “Iniziate col primo passo”.

*Abdou M. Diouf, è nato in Benin nel 1989 da genitori senegalesi. Cresce in Senegal dove resta fino all’età di cinque anni e poi si trasferirsi in Italia con tutta la famiglia. Laureato in Biologia Molecolare, all’Università degli Studi di Firenze e successivamente ha conseguito un master in Giornalismo e divulgazione scientifica presso Università La Sapienza di Roma.  Nonostante gli studi in campo scientifico, fin da piccolo è sempre stato appassionato anche al mondo della letteratura e durante gli anni universitari ha scritto il suo primo romanzo, “È sempre estate” pubblicato nel 2016 dalla casa editrice goWare (Firenze) e successivamente, nel 2020, “Il pianista del Teranga” dalla stessa casa editrice.

L’articolo pubblicato su VITA NON PROFIT QUI